Alla fine degli anni ’60 il Prof. André Lapierre e il collega Bernard Aucouturier gettano le basi di quella pratica psicomotoria che cerca di tenere insieme due concetti fino ad allora separati: lo sviluppo del movimento come condizione per una crescita equilibrata della psiche. Dapprima concepita come attività con finalità pedagogiche basata sullo stretto parallelismo tra sviluppo motorio e sviluppo intellettuale, si è aperta progressivamente ai contenuti più profondi della persona. L’attenzione alle facoltà cognitive ha lasciato il passo a quelle emotive e affettive (“le difficoltà scolastiche non facevano che ricoprire ed esprimere problemi affettivi molto più profondi di cui l’aspetto pedagogico era solo un riflesso”). Il corpo esplorato prima nella sua dimensione di “schema corporeo” e “corpo proprio” viene ora osservato come “corpo vissuto” che comunica l’emozione attraverso la “dimensione tonica” (espressione della mimica, della postura, stati di tensione/distensione, ecc..) ; il gioco strutturato lascia il posto al gioco libero e simbolico dove l’immaginario conscio e inconscio trova le condizioni ideali per la sua espressione. In quel contesto la relazione sia con gli oggetti, sia con gli altri assume un ruolo importante in quanto “elemento essenziale di ogni azione psicologica e psicoterapeutica” e in particolare la relazione corporea “un mezzo privilegiato per raggiungere rapidamente gli strati più profondi della personalità”. In quel periodo Lapierre conclude la collaborazione con Aucouturier e fonda la Psicomotricità Relazionale : lavora sui problemi di aggressività, di inibizione, di passività, di iperattività, di opposizione, sui disturbi del sonno, dell’alimentazione a partire dall’idea che “Niente può integrarsi realmente nell’essere che non passi attraverso la sua organizzazione tonico-emozionale”. Messo a punto il metodo si tratta poi di formare degli psicomotricisti: “Ritenevo – e ritengo ancora – che si possa intervenire efficacemente e senza rischi sulla personalità di un bambino soltanto se si è già provveduto a esplorare la propria problematica”. La figlia Anne Lapierre inizia la sua collaborazione col padre e prosegue con lui la ricerca. La formazione consiste, tra le altre cose, nel mettere gli adulti nella condizione di poter ritrovare il piacere e del movimento libero e del gioco spontaneo, non condizionato dal giudizio per entrare in contatto con le loro parti affettive più profonde. Il gioco simbolico , con la sua funzione regressiva, il contatto corporeo , la comunicazione tonica e non verbale e il gruppo sono gli elementi fondamentali di quel contesto che per le tematiche esperite si avvicina sempre più ad un percorso di conoscenza di sé. Il discorso rimane sempre un “discorso corporeo”, ma i contenuti emotivi di questo discorso rimandano alle chiavi di lettura psicanalitiche. Le implicazioni emotive di questa esperienza sono tali da farle perdere le connotazioni di una formazione professionale per farla diventare un percorso analitico personale a mediazione corporea. CHE COSA SI PROPONE DUNQUE L’ ANALISI CORPOREA DELLA RELAZIONE? Si propone di accompagnare la persona in un percorso psicomotorio che le permetterà di conoscere : • i contenuti del proprio mondo interno ( paure, desideri, divieti, conflitti, ecc…) • comprendere come questi influenzano la propria vita relazionale, sia sul piano degli affetti personali che su quello dei rapporti professionali , • per promuovere, eventualmente, processi di cambiamento. Si basa sull’espressione libera e spontanea del corpo e del movimento inseriti nella dimensione del gioco simbolico: modalità caratteristica dell’espressività ludica infantile in cui, attraverso le analogie che collegano oggetti e situazioni, si possono rappresentare contenuti rivelatori della problematica inconscia . Un esempio famoso, raccontato da Freud, è “la bambina che gioca col rocchetto” allontanandolo e avvicinandolo, esprimendo così simbolicamente l’assenza e la presenza della madre. Il gioco simbolico, in assenza di giudizio, consente di mettere in secondo piano il principio di realtà (piano più razionale e cognitivo, senso del dovere ecc..) a vantaggio del principio del piacere (piano più affettivo ed emotivo) favorendo così un abbassamento delle difese. Questo facilità l’emergere di parti della propria storia personale non sufficientemente elaborate e parti di sé poco ascoltate e poco riconosciute che condizionano la vita relazionale presente. Il metodo si basa su alcuni assunti fondamentali che ricordiamo brevemente: • Ruolo dell’inconscio nella vita della persona:”Il corpo non è soltanto quello strumento razionale al servizio d’un pensiero conscio. Il corpo è anche prima di tutto, luogo di piacere e di dispiacere, riserva di pulsioni, mezzo d’espressione dei fantasmi individuali e collettivi della nostra società, al servizio dell’inconscio, altrettanto o più del conscio. L’attività motoria spontanea è innestata direttamente sull’inconscio. Sotto questa luce, il “fare qualunque cosa” assume un senso, un significato e, ciò che più importa, una finalità” (da “Il corpo e l’inconscio in educazione e terapia”) • L’incidenza delle relazioni sulla crescita e sullo sviluppo della persona: il bambino può crescere e svilupparsi solo nella misura in cui vive sostenuto e stimolato da relazioni. In particolare le relazioni corporee primarie con la figura materna e paterna che si strutturano prima attraverso i canali della comunicazione non verbale: il calore del contatto fusionale, il senso di accoglienza nel dialogo tonico, l’affettività della carezza e dell’abbraccio, la sicurezza e la fiducia nell’essere contenuti e sostenuti fisicamente e poi lo sguardo, la mimica, la voce. In un secondo tempo si aggiungerà la comunicazione verbale. A partire dalla qualità di queste relazioni ne consegue uno sviluppo più o meno armonico. ( E la qualità è data anche dalla coerenza fra comunicazione non verbale e verbale) Il percorso si snoda attraverso una serie di “incontri” in cui la persona, anche grazie ai processi di transfert che stabilisce con l’analista corporeo e con gli altri membri del gruppo, è portata a rivisitare la propria storia personale in modo da prendere coscienza :
• dell’incidenza dei ruoli familiari (ruolo di figlio/a, madre/padre, bambino/a, adolescente, uomo/donna)
nelle proprie dinamiche relazionali attuali,
• delle proprie parti “positive” e “negative”,
• dei propri limiti e delle proprie potenzialità .
Ogni incontro si articola in tre momenti: nel primo si dà spazio all’attività pratica basata sulla dimensione creativa del gioco, per favorire l’emergere dei “vissuti” emozionali, nel secondo, attraverso la verbalizzazione delle relazioni vissute, si favorisce una presa di coscienza della propria “equazione personale”, nel terzo momento infine, a distanza di un mese circa, si promuove il processo di elaborazione e di integrazione delle problematiche emerse nell’incontro di “vissuto”. Ogni incontro si sviluppa su un arco temporale che, a seconda dei calendari, va da un minimo di tre giorni ad un massimo di sei. Per favorire una maggiore esplorazione delle dinamiche il percorso prevede incontri condotti sia dall’Analista uomo che dall’Analista donna.